Quando decisi di aprire partita iva presi la decisione più stupida della mia vita.
Dopo giornate intere di stage in un'agenzia web e altre presso artigiani, avevo capito quanto fosse dura lavorare.
Quanti sacrifici richiedesse essere responsabile di un progetto che con un suo possibile fallimento avrebbe trascinato giù diverse persone.
Potevo rinchiudermi a riccio e lemosinare un qualche lavoro fisso, regolare, di quelli che hanno a che fare con la parola pensione, evitando responsabilità e cazzi vari.
Ma in quelle persone, negli artigiani, nei professionisti che incontravo, c'era un fascino che mi ha travolto più dell'esigenza di uno stipendio regolare, era lo sguardo folle di chi lavorava, e lo faceva mettendosi continuamente alla prova.
Sapevo che volevo fare il fotografo perché quello che mi piaceva, e piace fare, è comunicare, le immagini sono uno strumento potente ed invasivo e saperle gestire significa saper modificare gli stati d'animo.
La mia prima foto ritrae mio padre ed un suo collega, davanti al loro mezzo di lavoro, avevo quasi 8 anni e ricordo ancora come cercassi di far entrare nel riquadro loro due e il camion. Mi allontanai quanto mi fosse possibile per dire che quello era mio padre, l'altro il suo collega e che insieme guidano dei bestioni enormi.
Volevo dire tutto quello che mi era possibile.
Per lunghi anni questa passione l'ho trattenuta perché era comunque vista come un'opzione che non poteva essere presa sul serio dalla mia famiglia.
Il caso ci mise lo zampino e da autodidatta mi ritrovai nel backstage di uno dei più importanti teatri d'Italia, e non solo, a far foto per supportare l'ufficio comunicazione.
Nessun pedigree, nessuna amicizia mi aveva permesso l'ingresso, solo le mie foto, scattate in città, senza pippe artistiche, giocando con i turisti inconsapevoli.
Un'email, nome, cognome, e una serie di foto allegate.
Naturalmente accettando di fare questa esperienza gratis.
Quindi riassumendo:
mesi in agenzia web,
mesi affianco ad un'artigiana restauratrice,
un anno in teatro.
Mesi in bicicletta da una parte all'altra della città, mesi fatti di treni presi continuamente, mesi fatti di nottate, di corse sotto la pioggia, di schiena a pezzi, perché uno zaino con macchina fotografica, computer e obiettivi non pesa come una meringa.
Quel che si dice "farsi un culo" in pratica.
Sapevo che potevo benissimo evitare quella vita assurda rintanandomi in qualche ufficio.
Potevo.
Ma a che pro?
Per la tranquillità di mia madre? Troppo poco motivazionale.
Per una pensione? Non riesco a immaginarmi la sua esistenza.
Per farmi una famiglia? La ho già.
Ad esser sinceri la vita che avrei potuto fare sarebbe stata ottima per chi mi vede da fuori ma devastante per me, quindi per i miei affetti.
Ho visto come rovina l'insoddisfazione, ho visto persone apparentemente costruttive covare odio e rancore perché frenate dagli eventi che hanno subito, autoconvincendosi che la loro realtà è quella giusta.
Ho visto la solitudine, quella densa, grigia, pesante, che stritola una mente potenzialmente costruttiva. Una solitudine cupa e frenante.
Ho visto la speranza tramutarsi in fame di energia. Una fame che porta a cercare di vincolare il prossimo a sè, come un vampiro farebbe con l'ultima forma di vita sulla terra.
Tutto questo conseguenza di scelte ponderate, calcolate, studiare a tavolino sentendosi degli dei, degli illuminati, dei prescelti in una terra di cretini.
Creature in sospensione, stupite di non avere il successo che sentono di meritare, offese dalla poca considerazione che ricevono in terra italica.
Perché il giochino è offendere e sminuire ciò che è intorno per non affrontarsi.
Io invece puntando alla mia felicità, e quindi a quella di chi voglio al mio fianco, ho stupidamente deciso di fare il fotografo.
Aprendo partita iva.
La scelta più stupida da fare in questo paese, ora poi che tutti possono fare click serenamente, ma è quella che mi permette di guardare con amore anche la tristezza.
p.s. il post dal titolo "sono un web designer... stupido e felice" evito di farlo
il web è il mio ambiente dagli anni 90, ed ora vive a pulsa in completa armonia con la fotografia... nella mia quotidianità
Dopo giornate intere di stage in un'agenzia web e altre presso artigiani, avevo capito quanto fosse dura lavorare.
Quanti sacrifici richiedesse essere responsabile di un progetto che con un suo possibile fallimento avrebbe trascinato giù diverse persone.
Potevo rinchiudermi a riccio e lemosinare un qualche lavoro fisso, regolare, di quelli che hanno a che fare con la parola pensione, evitando responsabilità e cazzi vari.
Ma in quelle persone, negli artigiani, nei professionisti che incontravo, c'era un fascino che mi ha travolto più dell'esigenza di uno stipendio regolare, era lo sguardo folle di chi lavorava, e lo faceva mettendosi continuamente alla prova.
Sapevo che volevo fare il fotografo perché quello che mi piaceva, e piace fare, è comunicare, le immagini sono uno strumento potente ed invasivo e saperle gestire significa saper modificare gli stati d'animo.
La mia prima foto ritrae mio padre ed un suo collega, davanti al loro mezzo di lavoro, avevo quasi 8 anni e ricordo ancora come cercassi di far entrare nel riquadro loro due e il camion. Mi allontanai quanto mi fosse possibile per dire che quello era mio padre, l'altro il suo collega e che insieme guidano dei bestioni enormi.
Volevo dire tutto quello che mi era possibile.
Per lunghi anni questa passione l'ho trattenuta perché era comunque vista come un'opzione che non poteva essere presa sul serio dalla mia famiglia.
Il caso ci mise lo zampino e da autodidatta mi ritrovai nel backstage di uno dei più importanti teatri d'Italia, e non solo, a far foto per supportare l'ufficio comunicazione.
Nessun pedigree, nessuna amicizia mi aveva permesso l'ingresso, solo le mie foto, scattate in città, senza pippe artistiche, giocando con i turisti inconsapevoli.
Un'email, nome, cognome, e una serie di foto allegate.
Naturalmente accettando di fare questa esperienza gratis.
Quindi riassumendo:
mesi in agenzia web,
mesi affianco ad un'artigiana restauratrice,
un anno in teatro.
Mesi in bicicletta da una parte all'altra della città, mesi fatti di treni presi continuamente, mesi fatti di nottate, di corse sotto la pioggia, di schiena a pezzi, perché uno zaino con macchina fotografica, computer e obiettivi non pesa come una meringa.
Quel che si dice "farsi un culo" in pratica.
Sapevo che potevo benissimo evitare quella vita assurda rintanandomi in qualche ufficio.
Potevo.
Ma a che pro?
Per la tranquillità di mia madre? Troppo poco motivazionale.
Per una pensione? Non riesco a immaginarmi la sua esistenza.
Per farmi una famiglia? La ho già.
Ad esser sinceri la vita che avrei potuto fare sarebbe stata ottima per chi mi vede da fuori ma devastante per me, quindi per i miei affetti.
Ho visto come rovina l'insoddisfazione, ho visto persone apparentemente costruttive covare odio e rancore perché frenate dagli eventi che hanno subito, autoconvincendosi che la loro realtà è quella giusta.
Ho visto la solitudine, quella densa, grigia, pesante, che stritola una mente potenzialmente costruttiva. Una solitudine cupa e frenante.
Ho visto la speranza tramutarsi in fame di energia. Una fame che porta a cercare di vincolare il prossimo a sè, come un vampiro farebbe con l'ultima forma di vita sulla terra.
Tutto questo conseguenza di scelte ponderate, calcolate, studiare a tavolino sentendosi degli dei, degli illuminati, dei prescelti in una terra di cretini.
Creature in sospensione, stupite di non avere il successo che sentono di meritare, offese dalla poca considerazione che ricevono in terra italica.
Perché il giochino è offendere e sminuire ciò che è intorno per non affrontarsi.
Io invece puntando alla mia felicità, e quindi a quella di chi voglio al mio fianco, ho stupidamente deciso di fare il fotografo.
Aprendo partita iva.
La scelta più stupida da fare in questo paese, ora poi che tutti possono fare click serenamente, ma è quella che mi permette di guardare con amore anche la tristezza.
p.s. il post dal titolo "sono un web designer... stupido e felice" evito di farlo
il web è il mio ambiente dagli anni 90, ed ora vive a pulsa in completa armonia con la fotografia... nella mia quotidianità
Da un'idea di Unknown