Il tuo volto non mi dice niente.

Sono una di quelle persone a cui madre natura ha concesso più simpatia che beltà il tutto unito ad una certa allergia all'aggregazione umana "tanto per".
Dagli anni '90 (mi piace un casino usare questa dicitura) spippolo allegramente sul web, come utente che usufruisce di documentazione di vario tipo.
Provo pulsioni e passioni momentanee per ogni tipologia di argomento, in questo periodo, per esempio, sono in fissa con la Neuroestetica e vi consiglio il testo Neuroestetica: L'arte del cervello che porto con me, sempre, sul mio smartphone, usando l'app kindle di amazon.

Quindi se mi vedete con la testa china su questo attrezzo tecnologico che isola gli umani sappiate che vedete la persona che sempre a tavola aveva un libro o un quotidiano, per la gioia di chi parla di isolamento dettato dalle nuove tecnologie.

Maledetto Gutenberg!

E sono uscita da pochissimo dal trip in streaming di Ugly Betty che, grazie alle ultime puntate dell'ultima serie, mi ha ridato la voglia di scrivere sul blog nuovamente.

In questa lunghiiiiissima frequentazione della rete ho potuto vedere come ora ci si stia concentrando sulla comunicazione di se stessi, intesa come massa carnosa, come figura tangibile per quanto lontana.
Sembra che si debba rassicurare il prossimo sulla propria reale esistenza.
Lo specchio offre un misero, isolato, solo uditore, e sembra che non basti, quell'Io. Anzi, non deve bastare.

Ci sono dei bellissimi testi in rete su quello che è un concetto scontato, purtroppo, per chi la rete la vive da anni, mi riferisco alla reputazione.

Mia madre mi ha sempre detto di far la brava bambina, altrimenti gli altri si facevano un'idea sbagliata di me. Dovevo essere educata, rispettosa e sopratutto, mentre camminavamo sul marciapiede, dovevo mettermi dietro di lei per far passare chi veniva nel senso contrario.
Il tutto per rendermi una persona coerente con la sua idea di educazione e per evitare che qualcuno potesse percepirmi diversa facendola sentire una madre inadeguata, intaccandole la reputazione che lei si era costruita in anni di sacrificio e lavoro.

Ora sulla rete dobbiamo mostrare chi siamo, che siamo fighi e che facciamo cose fighissime creando una massa di consenso che possa un giorno far dire allo specchio:

ma che diavolo stai facendo davanti a me? non perdere tempo! fai subito vedere come sei figo!


Questa cosa mi provoca una certa tristezza.
Quella massa non a cuore l'effetto che facciamo, non le interessa la percezione che possiamo dare a lungo termine.

In realtà ad essere sincera più che tristezza provo vera e propria noia.

Trovo noioso vedere facce che mi permettono di scorgere solo in un frammento di uno scatto il luogo o di intuire l'esperienza che viene raccontata.

Quando vedo scatti di passeggiate, o racconti di incontro con uno dettaglio di una bottiglia di birra, che mi fa cagare, o foto di piatti ( si, di piatti) mi sento coinvolta perché il mio punto di vista si allinea con chi sta narrando, è come nei più bei romanzi harmony per un istante, per quanto mi consideri intelligente, mi metto dura prova, facendomi coinvolgere.

Provo anche piacere per quella persona e la sua avventura.

Quando vedo solo facce non vedo niente.

Il tuo volto non mi dice niente.

Non mi sei parente, anche se lo fossi non è detto che mi interessi la tua espressione, quindi perché dovrei interessarmi ad una storia in cui il protagonista e chi subisce l'azione sei sempre tu?

Nel 2006 il Times se ne uscì con questa copertina:




A distanza di quasi 10 anni le cose si sono sviluppate in modo diverso, agiamo creando una massa di informazioni inutili che mi fan spippolare facendomi vivere l'esperienza museale pop più lunga della storia.

Un Guggenheim in cui non si smette di scendere... non ancora o in cui non si può smettere di farlo.


Siamo vittime dei dati, non ne teniamo il controllo, lo temiamo.

Ho mentito fin dall'inizio, madre natura anche con la simpatia è stata parsimoniosa con me.


p.s. il mercato si prende gioco di voi :D

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